
Export Compliance 1
Gli attuali regimi di controllo delle esportazioni (“EXPORT CONTROL”), attivi in tutto il mondo occidentale e nei paesi più sviluppati, furono in origine istituiti essenzialmente per consentire alle autorità preposte di contrastare il pericolo che i beni a duplice uso (“Dual Use”, ovvero prodotti e tecnologie destinati ad applicazioni civili ma utilizzabili anche nello sviluppo di armamenti, di programmi nucleari di tipo bellico o di armi di distruzione di massa) venissero adoperati per scopi illeciti.
Col passare del tempo, si sono via via aggiunti ulteriori rischi, relativi alla violazione dei regimi sanzionatori, embarghi e altre misure restrittive, applicati con sempre maggior frequenza ai paesi considerati più “sensibili” da un punto di vista geopolitico o da quello della concorrenza – specie se sleale – in vari settori tecnologico-commerciali, ma anche nei confronti di entità giuridiche e persone fisiche.
Inoltre nel perimetro del possibile controllo dell'Export (che dal punto di vista europeo riguarda esclusivamente le transazioni che si spingono oltre i confini dell’UE) ricadono ormai largamente non solo i servizi ma pure i “prodotti immateriali”, quali software, tecnologie, particolari cognizioni tecniche e informazioni sensibili. In tal modo, la casistica delle attività da sottoporre a sorveglianza si è drasticamente ampliata, ricomprendendo persino quelle condotte da università e centri di ricerca.
Export Compliance 2
Ancora oggi, tuttavia, le organizzazioni e i governi che pure hanno aderito ai regimi internazionali di Export Control non possono che affidarsi alla doverosa osservanza da parte degli operatori del settore per garantire che tutte le leggi e le norme siano il più possibile rispettate. Devono dunque sostanzialmente basarsi sulla capacità di costoro di gestire le proprie attività in aderenza alle regole e agli accordi vigenti.
Ed è proprio in questo contesto e per far fronte a queste complessità che è nata la disciplina dell’Export Compliance, l’unica vera risposta possibile per cercare di prevenire, efficacemente e in termini strutturali, il pericolo di “non-compliance” nella quotidianità aziendale, e di conseguenza il rischio di incorrere in sanzioni legali o amministrative, perdite finanziarie o di reputazione in seguito al mancato rispetto di regolamenti e codici di condotta relativi all’ambito dell’export (inteso come l’insieme delle attività di esportazione e importazione di beni e servizi in qualche modo soggetti a norme legate alle transazioni tra due diversi stati o giurisdizioni).
Un’efficace Export Compliance, infatti, deve fondarsi su un'accurata e costante attività di Risk Management. E poiché consente di sviluppare best practices e comportamenti d’eccellenza attraverso l’attuazione delle più opportune prassi di gestione, trasparenza e audit delle attività svolte, è indubbiamente l’unico sistema a disposizione delle imprese per mantenere in salute la propria condotta etica, alimentare le possibilità di una crescita a lungo termine ed evitare, o quantomeno limitare, comportamenti potenzialmente rilevanti da un punto di vista penale.
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